lunedì 4 febbraio 2008

I "termovalorizzatori" sono la soluzione al problema rifiuti in Campania?

L'intervista a Walter Ganapini,
(chimico ecologista che fa parte del nuovo staff della Regione)
a cura di Fabrizio Geremicca e

pubblicata sul Corriere del Mezziogiorno sabato 2 Febbraio,
sembra rimettere in discussione la scelta
della strategia dell'incenerimento dei rifiuti.
Gianfranca


Il consulente di Bassolino: «Termovalorizzatori inutili»
Il prof universitario, che sul «Manifesto» ha tuonato contro i
termovalorizzatori, è convinto di poter proporre un’alternativa anche in
Campania

NAPOLI — «Dimostrerò a Bassolino che una corretta gestione del ciclo dei
rifiuti è in antitesi con i termovalorizzatori». C’è anche un nemico
giurato dei termovalorizzatori nel gruppo di esperti istituito dalla
Regione sull’emergenza rifiuti. È Walter Ganapini, chimico, ex presidente
dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente.
Professore, cosa ci fa lei tra i consiglieri di Bassolino, visto che il
governatore dice che l’emergenza è stata aggravata dai no degli
ambientalisti?
«Voglio contribuire a un cambio di rotta nel piano rifiuti».
Quanto guadagnerà?
«Percepirò solo un rimborso spese».
Perché è contro i termovalorizzatori?
«Negli anni sessanta erano la modernità, oggi non li costruiscono più in
nessun paese d’Europa. Le tecniche di gestione del ciclo dei rifiuti sono
progredite. Esistono sistemi più efficienti e meno inquinanti».
L’inceneritore di Brescia passa per un impianto modello.
«Come quello viennese rispetta la normativa, ma non vuol dire che non
inquini. Hanno dipinto di blu la ciminiera per renderla più attraente, ma
da quella ciminiera escono nanopolveri. A Reggio Emilia, la mia città,
l’Apat calcola che siano responsabili di 500 morti all’anno».
La Campania è sommersa dai rifiuti. Come se ne esce?
«Il primo passo è la riduzione dei rifiuti prodotti. Alla Federico II c’è
il laboratorio per ecodesign merci. Mettiamo insieme università e
produttori e troviamo contenitori meno pesanti. Non è possibile che
compriamo 200 grammi di imballaggi per 10 grammi di prodotto. Un’altra
strada da percorrere subito è un accordo con la grande distribuzione, che
imponga di disimballare i prodotti all’uscita dei supermercati, dove
allestire centri di raccolta».
E poi, cos’altro?
«La differenziata porta a porta nel 70% nei piccoli Comuni. A Napoli deve
subito partire negli uffici pubblici, nelle scuole e nelle università. Non
possono farla gli attuali consorzi. Assorbirei i lavoratori in una spa che
sia pagata in funzione dei risultati conseguiti».
Mancano gli impianti di compostaggio, dove l’umido diventa fertilizzante o
ammendante. Come rimediare?
«Nei 7 Cdr gli impianti sono stati costruiti, ma non funzionano. In meno
di un mese si possono mettere a lavorare decentemente. Abbiamo 4 aziende
nazionali bravissime in questo settore. Si fa un accordo con Confindustria
e si affidano loro gli impianti. A Milano realizzarono una struttura da
2.000 tonnellate al giorno. Le risorse europee garantiscono fondi
sufficienti per costruire almeno altri 10 impianti di compostaggio. In
pochi mesi abbatteremmo del 70% l’immondizia da trattare. Di 2.800.000
tonnellate annue, ne resterebbero circa 800.000».
E il 30% che rimane?
«Lo si divide in diversi flussi: vetro, metalli, plastiche. La parte
organica è ulteriormente separata e poi sottoposta in parte al
compostaggio e in parte alla digestione anaerobica per produrre biogas.
Alla fine si riduce del 40% il peso di quel 30% residuo dalla
differenziata, di cui dicevamo prima. Rimarrebbe il 18% dell’immondizia
prodotta originariamente. Rifiuto secco, non putrescibile. Potrebbe essere
impiegato nei cementifici. A Treviso ci costruiscono le sottofondazioni».
Cosa chiederà a De Gennaro?
«Renda obbligatoria l’adozione della tariffa rifiuti al posto della tassa,
per prermiare chi produce meno immondizia. La norma era nella Finanziaria,
Ma è saltata».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi dispiace un po' mettere i piedi nel piatto, ma mi chiedo: chi legge ha chiaro cosa si intende per "usare nei cementifici" il 18% non riciclabile (ammesso -e non concesso- che il restante 82% lo si riesca a riciclare)? Significa, e può significare, solo una cosa: BRUCIARLO, come combustibile.
Allora, anche in considerazione del fatto che i cementifici sono tra gli impianti più inquinanti dal punto di vista delle emissioni in atmosfera, e godono di un regime molto più "lasco" rispetto a quello a cui sono assoggettati gli inceneritori, che cavolo di senso ha dichiararsi "nemico giurato dei termovalorizzatori"? Perché, se si ritiene che la soluzione migliore per trattare le frazioni non riciclabili sia l'incenerimento (la termovalorizzazione, chiamatela come preferite) non lo si dice apertamente ci si nasconde dietro un dito, e si fa tutto il "paraustriello" sulle nanopolveri?